Gli studi dell’ECHA hanno spinto l’Unione Europea ad una sterzata decisa su un tema che nelle ultime settimane ha scosso il settore sportivo e non solo. Ci teniamo quindi ad iniziare con una rassicurazione: i campi di gioco in erba sintetica rimangono dove sono.
Di cosa stiamo parlando? Innanzitutto, e per chi non lo sapesse, l’ECHA o European Chemicals Agency è l’Agenzia europea per le sostanze chimiche, che collabora con la Commissione Europea e i governi dell’UE per gestire i rischi legati a sostanze pericolose per l’ambiente e l’essere umano. Attraverso la ricerca, l’aiuto alle imprese e la cooperazione con organizzazioni internazionali, l’ECHA opera dal 2007 in favore della salute umana ed ambientale, con un’attenzione rivolta anche all’innovazione dei materiali.
Sulla strada intrapresa dall’UE per rispettare le direttive del Green Deal europeo, il cui obiettivo è raggiungere la neutralità climatica in Europa entro il 2050, si inserisce il piano di azione per contrastare e prevenire l’inquinamento. Tra i punti chiave di quest’ultimo, si legge la volontà di ridurre del 30% le microplastiche rilasciate nell’ambiente e di farlo entro il 2030.
Questa premessa è doverosa per inquadrare in un contesto più ampio il dibattito sul Regolamento UE 2023/2055, che nasce in seguito all’indagine effettuata appunto dall’ECHA, a cui la Commissione Europea ha chiesto una valutazione del rischio rappresentato dall’aggiunta intenzionale di microplastiche ai prodotti. Ritenendo necessaria un’ulteriore azione normativa, come si legge nel comunicato stampa della Commissione Europea datato 25 settembre 2023, «sarà vietata la vendita di microplastiche in quanto tali e di prodotti contenenti microplastiche aggiunte intenzionalmente e che liberano microplastiche quando utilizzati». Con l’introduzione di queste nuove norme, la Commissione desidera dunque agire per porre un freno all’aggiunta intenzionale di microplastiche a prodotti disciplinati dalla legislazione REACH, cioè il regolamento dell’UE per proteggere dai rischi che possono derivare dalle sostanze chimiche.
La prima domanda da porsi è necessariamente riferita alla definizione del termine microplastiche. È la Commissione Europea a chiarire che la nuova restrizione comprende «tutte le particelle di polimeri sintetici inferiori a cinque millimetri, insolubili e resistenti alla degradazione».
Ma perché ne stiamo parlando in questa sede? Perché, come anticipato, le nuove misure hanno generato dubbi e timori anche nel mondo sportivo. Tra i prodotti che rientrano nella precedente descrizione, infatti, c’è anche il materiale granulare da intaso che viene utilizzato per realizzare le superfici sportive artificiali: parliamo quindi in particolare dei campi realizzati in erba sintetica. Sono poi interessate dalla restrizione altre categorie di prodotti quali cosmetici, detergenti, giocattoli e medicinali.
Se l’applicazione delle prime limitazioni è stata prevista già dopo 20 giorni dall’entrata in vigore del Regolamento, in generale il divieto di immissione di microplastiche sul mercato avverrà dopo un periodo di transizione più o meno lungo. A seconda dei prodotti interessati, infatti, la Commissione Europea ha previsto un intervallo di tempo di durata variabile per concedere ai produttori e al mercato di recepire le nuove norme e adeguarsi.
Per quanto riguarda il settore sportivo, è stato stabilito un periodo transitorio di 8 anni. Durante il periodo di transizione, l’intaso prestazionale di origine polimerica potrà continuare ad essere commercializzato. Oltre tale periodo, la normativa UE vieta esclusivamente la vendita di tale prodotto. Conclusa la transizione, non sarà richiesta la dismissione dei campi in erba sintetica intasati con materiale polimerico, i quali potranno continuare ad essere utilizzati fino al termine del loro ciclo di vita. Ne consegue però che al termine del periodo transitorio (8 anni) non potranno più essere realizzati nuovi campi in erba sintetica intasati con materiale di natura polimerica.
Il materiale da intaso utilizzato per le superfici sportive in erba sintetica costituisce, a livello europeo, la principale fonte di rilascio nell’ambiente di microplastiche aggiunte intenzionalmente. Secondo le stime, ogni anno in UE vengono rilasciate circa 42.000 tonnellate di microplastiche aggiunte intenzionalmente ai prodotti. La precisazione “aggiunte intenzionalmente” è necessaria, perché, oltre ai frammenti di polimeri che vengono fabbricati dall’uomo per essere utilizzati in quanto tali o per essere aggiunti in altri prodotti, ci sono poi microplastiche che vengono involontariamente disperse nell’ambiente. La maggior parte dell’inquinamento da microplastica, infatti, si genera in modo involontario: pensiamo per esempio alla frammentazione di rifiuti in plastica più grandi oppure al lavaggio di indumenti sintetici. Questo tipo di inquinamento impatta in generale sull’ambiente, ma anche sulla salute umana, perché le microplastiche, che non si biodegradano e non possono essere rimosse, si accumulano anche negli animali e possono quindi essere assunte dagli esseri umani attraverso l’alimentazione.
Tornando con la lente di ingrandimento sul mondo dello sport, i produttori di erba sintetica avranno dunque 8 anni di tempo per adeguarsi alle nuove norme e studiare soluzioni alternative all’utilizzo di materiale di intaso di natura polimerica. È bene specificare che l’attenzione all’impatto ambientale è parte del settore sportivo già da tempo. In termini pratici, questo significa che numerosi produttori hanno già intrapreso un percorso in ottica sostenibilità che già risponde ai requisiti della nuova norma. Il nuovo Regolamento UE si innesta dunque su una strada già esistente, dando sicuramente un’importante spinta ad una transizione ecologica in parte avviata.
In sintesi, con i dovuti adeguamenti, la produzione di campi sintetici non si arresterà e potrà continuare il suo sviluppo seguendo un percorso sostenibile e sul quale investire anche in futuro.