Poca gioia e nessun conforto martedì scorso al termine dell’audizione avuta in Senato, appuntamento non formale ma sostanziale. Restano infatti i cospicui problemi derivanti dall’applicazione delle nuove norme, varate per regolamentare in modo “nuovo” l’attività sportiva ed il “lavoro” ad essa connesso. Il CSI in quella sede istituzionale ha prodotto una serie di proposte, frutto delle considerazioni di chi ha esperienza sul campo. La riforma, così come pensata ed approvata, non soddisfa pienamente, perché, a mio avviso, non distingue affatto chi ad esempio gestisce attività sportiva milionaria e chi, invece, offre al Paese un servizio sociale indispensabile. Più volte ho inteso sottolineare che l’impegno di un Ente di promozione sportiva qual é il CSI non può essere valutato, circoscritto all’attività sportiva fine a sé stessa. Il CSI è sport a disposizione delle istituzioni educative, dove è necessario tenersi vicini tanti ragazzi e ragazze che hanno bisogno di sentire l’affetto e l’attenzione degli adulti. Il CSI è soprattutto lo sport dedicato alle famiglie che faticano ogni giorno nel tentativo di dare risposte a bisogni immediati e basilari ai propri figli, prima che offrirgli degli ambiziosi orizzonti. Il CSI è ancora la casa che accoglie chi non può pagarsi le spese dell’attività sportiva nella sua espressione più semplice. Quella casa dove può accadere che allenatore e giocatori facciano una colletta segreta per comprare le scarpe da gioco ad un ragazzo della squadra bisognoso. Si parla tanto di natalità, di aiuto alle famiglie, di interventi dall’alto, e poi nei fatti si avviano questi processi di regolamentazione che rischiano di azzerare un patrimonio immenso di dirigenti, allenatori, arbitri, che hanno offerto una parte della loro vita per tali ideali. Chi segue i miei interventi, a nome del CSI, sa che non sto improvvisando nulla adesso. Ho suonato l’allarme appena viste le bozze di riforma, ed ogni volta che mi è stato possibile intervenire, ho sempre segnalato il rischio dei possibili danni epocali. Ora non molliamo e non ci scoraggiamo. Lo chiedo alle strutture del CSI diffuse in tutta Italia, ai volontari, ai dirigenti sportivi e a tutti coloro che continuano ad educare attraverso lo sport. In tempi difficili emerge chi ha valori da proporre e da promuovere. E il CSI ne ha infiniti. Lo facciamo dal 1944 e continueremo perciò a farci sentire.
Sosteniamo il valore sociale della nostra attività sportiva
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