La Porta Santa? È come se tagliassimo un gran traguardo

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La Porta Santa? È come se tagliassimo un gran traguardo

Siamo prossimi alla celebrazione del Giubileo degli Sportivi e mi sono chiesto che cosa significhi questo per chi ama e vive lo sport in una visione cristiana. Parto dal gesto più simbolico, quello cioè del passaggio della Porta Santa. Varcare quella porta è come tagliare un traguardo. Questo implica un allenamento, un perfezionamento della propria preparazione, non certo sotto l’aspetto fisico, quanto piuttosto una preparazione spirituale, una consapevolezza di essere cristiani impegnati nel promuovere lo sport.

Varcare una soglia contempla un lasciare fuori ciò che non serve, che è inutile e dannoso, nella vita associativa e nella pratica sportiva; allo stesso tempo è entrare in una nuova dimensione, una nuova esperienza di collaborazione, di condivisione di una tradizione, fortemente cristiana, che caratterizza il CSI da oltre 80 anni. Varchi una soglia per entrare in una chiesa, quindi nel luogo privilegiato dell’incontro con il Signore, quindi sei chiamato a rinnovare la tua esperienza con Dio, farlo entrare nella tua esistenza e nelle dinamiche associative. Vivere il gesto sportivo come occasione d’incontro con Dio che ti ha donato un corpo capace di migliorarsi. Varchi la soglia per rinnovare il tuo rapporto con Dio.

Il Giubileo è occasione per rimettere al centro lo sport, valorizzando quello che è, purificandolo da tutto ciò che lo riduce a spettacolo commerciale, alla ricerca del successo ad ogni costo. Ciò esige un cammino di purificazione: una persona che ama lo sport e lo vive in vari ruoli, consapevole delle valenze etiche che lo sport contempla, è chiamata a riconoscere gli aspetti di “peccato” che insidiano lo sport. Quando l’esperienza sportiva smarrisce il valore della persona, tradisce lo sport. L’esperienza giubilare ci aiuta a riconoscere i valori dello sport e a viverlo nella sua autenticità più bella. Valorizza il corpo, ne mette in luce la sua forza, la sua armonia, la capacità di miglioramento e di raggiungimento di nuovi traguardi, rispondendo all’invito dell’apostolo Paolo: “Glorificate dunque Dio nel vostro corpo” (I Cor 6,20).

Esalta lo spirito, perché induce l’atleta e coloro che sono appassionati di sport a conseguire quei valori come la bontà, la generosità, la lealtà, il rispetto delle regole, l’accoglienza e il rispetto dell’altro. Lo sport contempla il gioco di squadra, lo stare insieme. Valorizza l’avversario, non è un nemico da distruggere, ma grazie a lui scopri chi sei, quali sono le tue capacità e il tuo livello di preparazione. Sperimenti che hai bisogno dell’avversario per competere e per migliorarti. Affronta la vita, perché l’esperienza sportiva è “parabola della vita”: ogni sportivo sa che per raggiungere un traguardo, una buona performance deve allenarsi, fare sacrifici. La vita esige lo stesso impegno se vuoi raggiungere un tuo obiettivo.

Opera per la pace: la ricerca della vittoria non vuol dire annientare l’altro, ma sapersi confrontare per riconoscere le proprie capacità e i limiti. Le manifestazioni sportive, specie quelle internazionali, sono occasione di incontro, conoscenza, scambio e arricchimento reciproco. Rivela la gloria di Dio, dove il termine “gloria” non indica la grandezza di Dio, quanto la sua presenza: quando nell’evento sportivo c’è gioia, amicizia, voglia di competere in leale confronto, quando sei soddisfatto per l’obiettivo raggiunto, quando capisci che ti stai migliorando, qui c’è Dio. “Sia dunque che mangiate, sia che beviate o qualsiasi cosa facciate, fate tutto per la gloria di Dio” (I Cor 10,31).