Quando arriva il Natale si rischia sempre di essere banali e scontati nel farci i classici auguri: “Buone feste!”. Menomale i credenti si ricordano che forse è meglio dire: “Buon Natale!”, perché ciò presume la festa religiosa. Ho sempre paura di far male a qualcuno destandolo violentemente da un sogno beato: ma il Natale è una festa drammatica, perché ci mette dinanzi a un avvenimento che richiama il dramma della vita di tante persone. C’è la vicenda di una ragazza che viene “colmata di Grazia” da Dio, affinché la storia degli uomini diventasse storia di salvezza. C’è il dramma di un uomo che nel silenzio della bottega di artigiano accoglie la volontà di Dio, la condivide e se ne assume le responsabilità perché questa storia si compia. Ma ciò che sconvolge ancor di più è la modalità che Dio ha scelto per abitare tra noi. Pensate cosa sarebbe stato se si fosse materializzato in una finale di Coppa, o durante i Giochi Olimpici! Sai che clamore, che evento fantastico... Non ci sarebbe stato bisogno della fede, sarebbe stato impossibile non credere. Invece ha scelto la via più difficile, quella del silenzio, del nascondimento, quella di nascere bambino. Si è posto davanti a noi nella condizione fragile, da indifeso che chiede soltanto di essere accolto. Ma in tal modo si è messo dalla parte dei più deboli, dei “piccoli”, e ci chiede costantemente di saperlo riconoscere e accogliere proprio in quelli che nessuno vuole. In questo non possiamo che riconoscere che Gesù è un vero campione! Nel prologo del Vangelo di Giovanni non ha scelto una casa, le mura d’un tempio o un imponente castello, ma una “tenda”, sempre aperta, accogliente. La tenda è qualcosa di leggero, facile da trasportare: alla sera la monti per dormire, al mattino la smonti per ripartire. Ma questa tenda c’è, ci sarà sempre, perché Dio non viene meno alla sua Promessa: « sarò con voi per sempre! ».
Nella Notte di Natale s’apre un Giubileo che parla di “pellegrini di speranza”: non viandanti, né vagabondi, ma pellegrini che hanno una meta da raggiungere, quella della speranza. Da sportivi sentiamoci pellegrini che orientano il loro cammino verso quel traguardo, che è Gesù. Chi ama lo sport non si arrende alle difficoltà, accetta sacrifici pur di raggiungere quel risultato: il Natale c’invita a coltivare i sogni più belli e impossibili, abbiamo la certezza che in Dio potranno realizzarsi, perché «...nulla è impossibile a Dio!».
A questo proposito, belle le parole del Cardinale Reina nell'omelia alla Messa per gli sportivi promossa dal CONI che si è celebrata nella chiesa della santa Croce in Roma: «Lo sport permette di realizzare i sogni. Non possiamo permetterci di spegnerli. Bisogna essere capaci di sognare, di riempirci l’anima sognando. Attraverso l’esercizio quotidiano dello sport possiamo recuperare la dimensione dei sogni».