Quando, nel pomeriggio di fine settembre 2012, venni nominato Assistente Ecclesiastico del CSI, una delle prime telefonate che mi arrivarono fu quella di Vittorio Bosio: «Benvenuto!». E poi con il suo accento che non lasciava dubbi alla sua provenienza: «Guarda che sei arrivato in una gabbia di matti». Non aveva tutti i torti! Di matti in questi undici anni ne ho trovati tanti e me li porto con affetto e riconoscenza nel cuore. Voglio dirvi che siete in buona compagnia, perché anche Gesù è stato definito come un “fuori di sé” per la sua follia, il suo eccesso, la sua anormalità. Questi amici folli del CSI mi hanno insegnato che è possibile dirsele senza darsele.
Un’Associazione, come qualsiasi realtà umana, è composta da persone differenti. L’incrociarsi di queste differenze che cercano di affermarsi e trovare il proprio spazio crea inevitabilmente un conflitto, una situazione di contesa, che può sfociare nella violenza. La pace, tuttavia, non si potrà immaginare come annientamento, o peggio, come appiattimento di queste differenze piuttosto come capacità di raccontarle e ascoltarle. È la fatica del discutere, del pensare ad alta voce, esprimersi accogliendo le opinioni degli altri. Mi hanno insegnato che la Chiesa è composta soprattutto da laici.
Eppure, nonostante le tante parole e gli sforzi per valorizzare i laici, sembra che essi restino sempre a servizio dei preti. Ho imparato a credere sempre di più ad una Chiesa fondata sui carismi, sulla capacità che ciascuno ha per edificare il bene comune. Nelle riunioni ecclesiali è certo necessaria la presenza della teologia, della pastorale, della liturgia ma altrettanto di chi sa di economia, di sociologia e… di sport. I matti mi hanno insegnato che il CSI non vuole solo essere l’organizzazione di un passatempo ma anche un azzardo. È il rischio dell’amore che non si accontenta solo di quello che vede ma ne sogna la crescita. Così, nell’organizzare l’attività sportiva, il CSI ha sempre voluto rischiare che un ragazzo potesse essere di più di quello che mostra. Non solo un campione né tanto meno un perdente ma la migliore versione possibile di sé stesso. Ora che il mio ministero mi porta a Trezzo sull’Adda voglio dire grazie a tutti i matti che ho conosciuto in questi anni e con i quali ho percorso un tratto del mio cammino. Non perdete mai la vostra follia!