Giovedì 4 novembre, a Roma, sono stati presentati i risultati degli interventi realizzati dalle associazioni partecipanti al progetto SAFE, per la protezione dei minori, durante il convegno “Accogliere ed educare in ambienti sicuri. Promuovere child safeguarding al tempo del Covid 19 e oltre”.
Arrivato alla sua conclusione dopo 2 anni di attività, il progetto SAFE, co-finanziato dall’Unione Europea, ha coinvolto la Comunità Papa Giovanni XXIII, l’Azione Cattolica, il Centro Sportivo Italiano e l’Università di Bologna.
L’apprezzamento dell’ottimo investimento da parte dell’Unione Europea per il lavoro svolto nel contesto del progetto SAFE, arriva da S.E. Alexandra Valkenburg, Ambasciatrice dell’Unione Europea presso la Santa Sede, l’Ordine di Malta, le Nazioni Unite a Roma e la Repubblica di San Marino. Risultati positivi infatti, quelli raggiunti dal progetto, nel creare una cultura di prevenzione degli abusi e nel sostenere la formazione per una tutela dei minori e delle persone vulnerabili tramite la promozione di ambienti sicuri e relazioni interpersonali rispettose e responsabili.
Dopo l’accoglienza di Paolo Ruffini, prefetto Dicastero per la Comunicazione, sono intervenuti, in rappresentanza delle tre associazioni, l’assistente ecclesiastico nazionale CSI don Alessio Albertini, il presidente dell’Azione Cattolica Italiana, Giuseppe Notarstefano ed il Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, Giovanni Ramonda.
Ad aprire i lavori la relazione della dott.ssa Alessandra Campo, centro di formazione a livello internazionale nel campo della child safeguarding che sottolinea l’importanza della prevenzione e di essere pro-attivi. “Non si tratta solo di reagire ad un problema - afferma la dott.ssa Campo - ma di fare in modo che quel problema non trovi più spazio. Quando si parla di prevenzione si ha a che fare con delle condizioni sistemiche ambientali all'interno delle quali l'abusante si muove e sul quale tutti possono intervenire a diversi livelli. Domandiamoci – prosegue - cosa nel contesto e in chi ne fa parte incide sulla possibilità o meno che avvenga un abuso o in altri termini cosa e come in un contesto, una comunità, una organizzazione, può operare perché quello stesso contesto sia più sicuro e quindi prima che avvenga l'abuso far sì che l'abuso non trovi spazio”. Conclude poi con una breve relazione sulla pandemia, e su come ci sia stata un’impennata di abusi online durante il periodo di lockdown.
Ha proseguito poi la dott.ssa Carla Garlatti, garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, con alle spalle una lunga esperienza nel campo della giustizia minorile.
Focalizzandosi sul periodo pandemico, ha sottolineato come molti diritti siano stati compressi, soprattutto quelli dei minori e dei ragazzi: il diritto all'istruzione, il diritto allo sport, al tempo libero e alla socialità, ma anche il diritto alla salute. Durante il lockdown, il restare chiusi in casa, se per molti minori ha rappresentato un momento di ritrovo con la propria famiglia, per altri è stato restare chiusi in una gabbia con il proprio carnefice. Secondo un'indagine del Telefono Azzurro, il 62% degli abusatori è purtroppo in ambito familiare. Durante questo periodo sono venute meno anche tutte quelle figure quali potevano essere la scuola, le parrocchie, i centri sportivi, che potevano essere capaci di rilevare il segnale di disagio dei bambini, perché non era possibile avere contatti con loro. L'essere rimasti molto tempo chiusi in casa ha fatto sì che i ragazzi siano stati molto tempo su internet, luogo anche di sfruttamento sessuale.
La dott.ssa Garlatti ha poi analizzato il quadro normativo, partendo dalla Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia, cornice principale entro la quale si deve muovere l'autorità garante per l'infanzia dell'adolescenza avendo tra i suoi compiti istituzionali quello di promuovere la conoscenza dei diritti ma anche quella di verificare che i diritti siano attuati.
Dopo un panorama generale, si è quindi passati alla presentazione del lavoro già svolto dal progetto SAFE, con l’intervento della coordinatrice del progetto, la dottoressa Chiara Griffini che ha spiegato il progetto stesso e la ricerca condotta dal team di esperti in campo economico, sociologico e psico-pedagogico dell'università cattolica del Sacro Cuore sede di Piacenza, rappresentato al convegno dalla professoressa Barbara Barabaschi e dal professore Paolo Rizzi, in collegamento online.
Si è passati poi al tema del dialogo con le istituzioni e l'importanza degli ambienti in cui si svolge la vita dei minori. Focus sulla responsabilità da parte delle istituzioni nel garantire luoghi sicuri ai minori. Un'azione multilaterale è infatti necessaria perché, ovunque si trovino, come sottolinea Papa Francesco, i minori possano essere ascoltati tutelati protetti e curati. Confronto a più voci tra i rappresentanti delle istituzioni ecclesiali, il Cardinale Sean O'Malley ed il Vescovo Lorenzo Ghizzoni intervenuti in streaming, e le istituzioni civili e di sicurezza con la presenza del Senatore Simone Pillon, vicepresidente della commissione bicamerale per l'infanzia e l'adolescenza che ha illustrato la situazione in Italia per quanto riguarda l'argomento della tutela dei minori; l'onorevole Caterina Chinnici, europarlamentare e coordinatrice inter-gruppo europeo per i diritti dei minori, che ha presentato la normativa europea in materia dei diritti dei minori e, a conclusione della prima sessione mattutina, la dott.ssa Annalisa Lillini, dirigente della Polizia postale del servizio nazionale di contrasto alla pedopornografia, che ha informato su un uso utile e propositivo della rete che può presentare gravissimi problemi in caso di un'errato utilizzo.
Concluso il progetto SAFE
Giovedì 4 novembre, a Roma, sono stati presentati i risultati degli interventi realizzati dalle associazioni partecipanti al progetto SAFE, per la protezione dei minori, durante il convegno “Accogliere ed educare in ambienti sicuri. Promuovere child safeguarding al tempo del Covid 19 e oltre”.