Ripenso spesso, in questi giorni, alle parole di Papa Leone XIV, in occasione del Giubileo dello Sport, perché hanno espresso un pensiero che rappresenta per noi una pista spirituale e un’analisi acuta delle sfide del nostro tempo. In un contesto sociale sempre più frammentato, il Santo Padre richiama a riscoprire nello sport, e in particolare negli sport di squadra, uno strumento privilegiato per custodire la concretezza del corpo, la bellezza della relazione, il valore del noi. Quelle parole, così intense e profetiche, risuonano con forza in un momento delicato per lo sport italiano. «In una società segnata dalla solitudine, in cui l’individualismo esasperato ha spostato il ragionamento dal “noi” all’“io”, finendo per ignorare l’altro, lo sport, e quello di squadra in particolare, insegna il valore della collaborazione, del camminare insieme».
Eppure, si registra una crisi preoccupante. Calano, in termini relativi, le iscrizioni ai corsi giovanili di sport di squadra come il calcio o la pallavolo, mentre crescono nelle discipline individuali. «In una società sempre più digitale – ha aggiunto il Pontefice – lo sport valorizza la concretezza dello stare insieme, del corpo, dello spazio, della fatica». Ed anche su questo fronte le statistiche ci mettono in guardia: cresce, in modo importante, la quota di chi fa sport in casa. Lo sport rischia di diventare un’esperienza solitaria. L’“educazione del campo” viene sostituita dall’addestramento da salotto, in autonomia. Un cambiamento silente ma profondo, che merita grande attenzione. Ci dicono che quasi un terzo della popolazione italiana dichiari, purtroppo, di aver abbandonato la pratica sportiva. Le motivazioni? Mancanza di tempo (41,9%), perdita di interesse (39,1%), impegni scolastici (16,2%). Le ragazze abbandonano più dei ragazzi (21,6% contro 15,1%) e più precocemente. In questo quadro, però, Papa Leone XIV ha affidato una “missione bellissima”: essere noi il riflesso dell’amore di Dio Trinità. Una paterna “chiamata” che il Centro Sportivo Italiano sente come propria, da sempre. Oggi, più che mai, siamo appunto chiamati a investire in educazione sportiva, in formazione di allenatori e dirigenti, in ambienti associativi che siano veri luoghi di inclusione e fraternità. Serve coraggio, ma soprattutto visione. La risposta alla crisi non può essere l’adattamento passivo alle nuove tendenze, ma un rilancio del significato più profondo dello sport come scuola di vita, come palestra del “noi”.