Dal 31 marzo al 3 aprile si è svolta a Roma la seconda Assemblea sinodale delle Chiese in Italia. Tanti giornali e tv ne hanno parlato, molti a sproposito affermando cose, per me che vi ho partecipato come “facilitatore” di uno dei gruppi di lavoro, inverosimili e false. Devo riconoscere che abbiamo vissuto un momento di Chiesa vivo, libero, di dialogo franco e sincero. Questi anni di cammino sinodale della Chiesa italiana sono stati anni belli dove tante persone si sono appassionate ed hanno creduto in una cammino comunitario, per cogliere le sfide che la nostra società pone alla Chiesa italiana. Sono state coinvolte le diocesi, le parrocchie, le associazioni e i movimenti, ma anche tante persone che non vivono un cammino di Chiesa.
Ci siamo messi in ascolto per comprendere questo nostro tempo, per cogliere quelle che sono le urgenze della realtà che ci circonda, per saper fare scelte puntuali, ma vorrei sottolineare profetiche, ed accompagnare il cammino delle nostre comunità. Usando una metafora calcistica, direi che il Sinodo è una partita ancora aperta che attende che le squadre trovino il proprio assetto per impostare la partita verso il risultato migliore. Come quando una squadra prepara una gara importante e col mister ne studia la tattica, e gli schemi di gioco. Guardando pure dei video per capire il gioco dell’altra squadra.
Poi, quando è il momento di entrare in campo, si scopre che l’altra squadra si presenta con una impostazione di gioco diversa, i giocatori schierati in campo hanno caratteristiche diverse dalla “rosa” che solitamente scende in campo... e che fai? Non puoi certo abbandonare il campo da gioco, o protestare con l’altro allenatore, devi solo cambiare impostazione di gioco, valorizzare altri ruoli e fare la tua partita al meglio. Non abbiamo smarrito la via, ma solo modificato il cammino. Non c’è stata nessuna ribellione, ma solo un dialogo costruttivo e sincero, dove ci siamo tutti messi con le vele spiegate ad intercettare il vento dello Spirito di Dio. Abbiamo sperimentato una Chiesa “madre” che si è messa in ascolto attento dei suoi figli, per cogliere attese e speranze. Tutto questo perché vogliamo una Chiesa che non gioca in difesa, ma le piace giocare a tutto campo e portare a casa un buon risultato.